Chlamydia trachomatis

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Descrizione

Gli organismi del genere Chlamydia hanno necessità di vivere obbligatoriamente all’interno di cellule eucariote. Sono pertanto definiti dei batteri intracellulari obbligati.
L’infezione da Chlamydia trachomatis si manifesta prevalentemente con cerviciti e uretriti, senza tralasciare i meno frequenti possibili episodi di linfogranuloma venereo, congiuntivite, epididimite, proctite, sindrome di Reiter, endometrite, salpingite, polmonite. Tuttavia la sintomatologia può essere blanda o addirittura assente e quindi le complicazioni, che possono portare a danni irreversibili o infertilità, possono manifestarsi prima dell’identificazione dell’agente eziologico. Nei paesi del terzo mondo è la causa più importante di cecità (tracoma) (Hu VH et al., PLoS Negl Trop Dis. 2013).
L’infezione è considerata la malattia sessualmente trasmissibile più frequente nei paesi occidentali. I portatori sani (anche nella gola) sono considerati il reservoir più importante del batterio. La C. trachomatis può essere trasmessa durante i rapporti sessuali (vaginali, anali) e orali. Dunque ogni persona sessualmente attiva può essere infetta. Essa può anche essere trasmessa da una madre infetta al bambino durante il parto.
La C. trachomatis ha un tropismo marcato per gli epiteli genitali e oculari ed essendo un parassita intracellulare obbligato, per la messa in evidenza affidabile del germe è importante prelevare le cellule.
Anche se le sequele croniche sono relativamente rare negli uomini, mentre molte donne hanno un’infezione senza che si manifestino infiammazioni pelviche, è estremamente elevata la prevalenza di quest’infezione tanto da comportare morbidità e costi sanitari elevati (Darville T. Adv Exp Med Biol. 2013).
Un recente studio inglese ha osservato la prevalenza della gonorrea sostanzialmente più elevata nelle persone risultate positive ai test per la C. trachomatis di quanto non fosse nella popolazione generale, suggerendo che fare il test per la gonorrea nelle persone positive alla clamidia potrebbe essere una buona strategia sanitaria (Sonnenberg P et al., Lancet. 2013).