In pazienti affetti da HIV, nelle cellule del sistema immunitario, c’è una riserva latente sotto forma di DNA virale integrato nei cromosomi cellulari. Perciò, anche se fosse possibile eliminare il 100% della replicazione e formazione di nuovi virus, rimarrebbe un “serbatoio” di HIV. Fino ad oggi, c’è stato solo un paziente curato e (sembrerebbe) guarito dall’infezione, il così detto “Berlin Patient“, infettato con l’HIV e affetto da leucemia mieloide acuta. Era il 2006 e il medico del paziente ebbe un’idea: dal momento che l’HIV si nasconde nelle cellule bianche del sangue, perché non provare a curare il paziente allo stesso tempo sia di leucemia che di HIV? Vista la necessità di dover fare un trapianto di midollo osseo a causa della leucemia, invece di un donatore normale per il trapianto di midollo, fu cercato un donatore che presentasse una rara mutazione chiamata CCR5Δ32. Le persone con questa mutazione mancano del “buco della serratura” che l’HIV più spesso utilizza per entrare e infettare le cellule. Le persone che ereditano due copie di questo gene sono altamente resistenti all’infezione da HIV. Così fu trovato un donatore di cellule staminali che portava questa mutazione e furono utilizzate queste cellule per ripopolare il sistema immunitario del paziente. A oggi questo paziente continua a non avere segni di infezione da HIV.
Purtroppo, trapianti di midollo osseo non sono un semplice percorso di trattamento terapeutico: la procedura è troppo costosa e rischiosa (alto rischio di mortalità), e ci sono troppe poche persone con le mutazioni necessarie. Ma cosa succederebbe se potessimo indurre la mutazione a noi stessi, senza rischiare di fare il trapianto di midollo osseo? Questo è ciò che June e Tebas hanno pensato e poi provato a fare con 12 pazienti HIV positivi. Hanno prelevato dal sangue dei pazienti le loro cellule, e con un procedimento di tecniche genetiche hanno indotto le mutazioni CCR5Δ32, per poi rimetterle in circolo. Dopo il trattamento, tutti avevano elevati livelli di globuli bianchi nel sangue, suggerendo che il virus era meno capace di distruggerli. Dei 12 partecipanti, 6 hanno smesso la terapia antivirale e i loro livelli di cellule sono rimasti elevati per settimane. In breve, la presenza di HIV sembra guidare le cellule immunitarie modificate a proliferare nel corpo.
E’ difficile non vedere questo studio pilota come un simbolico risultato per la medicina genetica.
[Tebas P, et al., N Engl J Med. 2014]