Descrizione
La coagulazione del sangue è un processo molto complesso che prevede l’intervento in successione di molti fattori proteici diversi. Uno di questi è il fattore V che, quando è attivo, ha l’effetto di promuovere la coagulazione del sangue attivando la protrombina (Fattore II) a trombina che in questo modo porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. A sua volta il fattore V è regolato da un altro fattore, la proteina C attiva (APC), che inibisce la sua attività e che funge quindi da anticoagulante.
Le trombosi venose sono patologie comuni e colpiscono annualmente circa una persona su 1000 (Heit JA. J Thromb Thrombolysis 2006). Le trombosi possono verificarsi sia da un meccanismo di coagulazione troppo attivo, che da una ridotta funzionalità dei processi anticoagulanti. Alcuni fattori come il fumo, l’uso di contraccettivi orali, la gravidanza, le operazioni chirurgiche, possono aumentare il rischio di trombosi. D’altro canto non tutta le persone sono sottoposte allo stesso rischio di sviluppare una patologia di questo genere: c’è chi ha una predisposizione genetica allo sviluppo di trombosi. Mutazioni su alcuni geni coinvolti nei meccanismi sopra descritti possono aumentare notevolmente le probabilità di insorgenza di questa malattia, soprattutto se sono associate a fattori esterni predisponenti. Ad esempio nell’ambito della procreazione medicalmente assistita lo screening di eventuali predisposizioni alla trombofilia è molto importante soprattutto prima di una stimolazione ormonale, che può aumentare notevolmente il rischio di sviluppare trombosi venose e nei casi ripetuti di aborti spontanei. La trombofilia è infatti una causa importante di aborti spontanei ripetuti.
E’ stata descritta una variante genetica del fattore V, la mutazione G1691A detta variante Leiden, che determina una sostituzione aminoacidica a livello di uno dei tre siti di taglio dell’APC nella molecola del Fattore V. Tale variante del Fattore V è quindi meno sensibile all’APC, e ne consegue una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato che predispone alla trombosi. Individui con genotipo eterozigote per la mutazione Fattore V di Leiden presentano un aumento del rischio (8 volte) di sviluppare trombosi venosa, mentre in presenza del genotipo mutato in omozigosi c’è un rischio maggiore (80 volte), soprattutto per i soggetti anziani (Rosendaal FR, et al., Blood 1995). Si è stimato che il 5% della popolazione con pelle “bianca” ha questa mutazione (Connors JM. N Engl J Med. 2017).
In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il Fattore Leiden è considerata predisponente ad aborti spontanei e a difetti placentari. Tali manifestazioni sarebbero legate a trombosi delle arterie spirali uterine con conseguente inadeguata perfusione placentare (Blanco-Molina Á. Thromb Res. 2012). L’omozigosi in MTHFR C677T nelle donne con aborti ricorrenti, e l’eterozigosi dei geni del Fattore V Leiden, ACE, e apo-E2 a entrambi i genitori svolgono un ruolo cruciale negli aborti ricorrenti e dovrebbero essere considerati come un fattore di rischio. Gli attuali risultati dimostrano che la perdita ricorrente di gravidanza è legata alle combinazioni delle mutazioni nei gene trombofilici di entrambi i genitori (Ozdemir O, et al., Genet Test Mol Biomarkers. 2012).
Infine, è stato dimostrato che la variante di Leiden G1691A, così come la mutazione del Fattore-II G20210A, conferisce maggiore suscettibilità agli effetti negativi del fumo e dell’obesità sul rischio di tromboembolia venosa. Perciò, le persone con questi fattori genetici di rischio per il tromboembolismo venoso sarebbe bene mantengano uno stile di vita sano (Severinsen MT, et al., Br J Haematol. 2010).