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Rischi osteoporosi

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Osteoporosi

L’osteoporosi rappresenta la più frequente malattia cronica progressiva dello scheletro, caratterizzata da una diminuzione della densità delle ossa e da una alterazione della microarchitettura con conseguente aumento della fragilità e della suscettibilità alle fratture. Il termine “osteoporosi” deriva dal greco osteon che significa osso, e poros piccolo foro. Dunque il termine stesso di osteoporosi delinea molto bene i mutamenti del tessuto osseo che possono avvenire.

L’osteoporosi è una patologia che ha un’elevata prevalenza ed incidenza nella popolazione italiana e merita per ovvi motivi un’attenta analisi di politica sanitaria e sociale. Già da parecchio tempo è stata verificata una familiarità per l’osteoporosi, tuttavia solo negli ultimi anni sono iniziati studi volti a identificare e caratterizzare le componenti genetiche di tale malattia. La massa ossea raggiunge il suo picco tra i 30 e i 35 anni di età e i suoi valori sono mediamente più elevati di circa il 25% nel sesso maschile. Comincia poi a decrescere pian piano dopo i 40 anni. Nel sesso femminile tale decremento subisce una rilevante accelerazione nel periodo post-menopausale, per cui la prevalenza dell’osteoporosi si innalza in parallelo con l’avanzare dell’età. Inoltre durante la vita si possono accumulare fattori di rischio ambientali che possono risultare determinanti per l’insorgere della malattia.

Dunque la patogenesi dell’osteoporosi è il risultato di complesse interazioni fra predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali. I fattori genetici giocano un ruolo importante nella patogenesi dell’osteoporosi e sono rappresentati da geni regolanti l’espressione dei della massa e della struttura ossea. Studi eseguiti su gemelli e famiglie osteoporotiche hanno indicato che il contributo genetico alla patogenesi dell’osteoporosi è altamente responsabile (tra il 50 e 85%). Per fattori ambientali si intendono per esempio le abitudini di vita con scarsa attività fisica, che rappresenta un importante fattore di rischio di osteoporosi. Effetto analogamente negativo hanno la magrezza, come pure il fumo, l’abuso di alcol, caffè ed un introito insufficiente di calcio e vitamina D.

Polimorfismi genetici associabili all’osteoporosi

La ricerca genetica si è concentrata sia sulla ricerca di geni responsabili di malattie ossee rare monogeniche, come pure sull’identificazione di polimorfismi su geni coinvolti nel metabolismo osseo associati ad un aumentato rischio di predisporre all’osteoporosi. Quest’approccio potrebbe permettere di identificare precocemente gli individui suscettibili a sviluppare osteoporosi. In questo modo si potrebbe attivare una prevenzione mirata con terapie specifiche e modifiche allo stile di vita, tali da ridurre al massimo il rischio ambientale negli individui geneticamente predisposti a sviluppare la malattia.

Dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso ad oggi sono stati effettuati diversi studi con lo scopo di identificare e caratterizzare alterazioni nei diversi geni relazionati al metabolismo osseo: tali analisi hanno evidenziato delle significative correlazioni tra la presenza di una determinata variante allelica e una situazione di ridotta densità di massa ossea (il maggior determinante del rischio di frattura in individui con osteoporosi). Diversi polimorfismi sono stati identificati ed analizzati: il recettore della vitamina D (VDR); il Collagene di tipo 1, il maggiore componente organico (90%) della matrice ossea (COL1A1); il recettore della calcitonina (CTR) in cui può essere riscontrata unadiminuzione della sensibilità recettoriale alla calcitonina stessa con conseguente aumento del rischio di sviluppare osteoporosi; il recettore degli estrogeni (ESR), importante nella mineralizzazione ossea. I risultati ottenuti da questi studi permettono di affermare che l’osteoporosi è una malattia poligenica, quindi una determinazione più certa della predisposizione alla malattia richiede l’analisi dei diversi polimorfismi.

Ralston SH. Ann N Y Acad Sci. 2010