Pannello osteoporosi (Vit-D; Collagene A1; ESR1; recettore calcitonina)

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L’osteoporosi è una malattia progressiva cronica multifattoriale, risultante da interazioni tra fattori genetici e ambientali, che ha come target le ossa. Colpisce in tutto il mondo sia maschi che femmine, anche se è più comune nelle donne, soprattutto in fase post-menopausa, con un tasso di 1 a 4. Si stima inoltre che 1 donna su 3 e 1 uomo su 5 con osteoporosi subiranno nella vita una conseguente frattura. L’osteoporosi colpisce circa 10 milioni di pazienti negli Stati Uniti ed è stimato essere responsabile tra 1,5-2 milioni di fratture ogni anno. Attualmente, le spese mediche annuali connesse con l’osteoporosi variano tra i 14-20 miliardi di dollari (Muir JM, et al., BMC Musculoskelet Disord. 2013).
Howe e colleghi hanno recentemente completato una grande revisione degli effetti dell’attività fisica e/o programmi di esercizio sulla densità ossea. I risultati indicano che, in generale, un piccolo significativo effetto protettivo sulla densità ossea è stato osservato nelle donne in post-menopausa rispetto ai gruppi di controllo (Howe TE, et al., Cochrane Database Syst Rev. 2011). E’ peraltro indicato che l’esercizio fisico in combinazione con la vitamina D e gli integratori di calcio ritardano il riassorbimento osseo e arginano la progressione dell’osteoporosi. In donne sane l’effetto dell’esercizio fisico sulla densità ossea può essere aumentato dalla terapia sostitutiva ormonale (Kilbreath S, et al., Contemp Clin Trials. 2011).
L’osteoporosi è una malattia anche associata a diversi fattori di rischio, e una crescente evidenza suggerisce che possa essere associata a condizioni di salute orali come la parodontite, la ridotta densità ossea della mascella e la perdita dei denti (Anil S, et al., Am J Med Sci. 2013). In pazienti con patologie ossee, gli impianti in titanio sono tendenti al fallimento e perciò, l’installazione di impianti dentali e/o ortopedici non può essere un approccio ottimale per i pazienti affetti da malattie che colpiscono il metabolismo osseo (Alghamdi HS, et al., Biomaterials. 2013).
Vi è ampia evidenza che, il malassorbimento di calcio, così come l’insufficienza di vitamina D sono fattori di rischio significativo per l’osteoporosi. I fattori genetici giocano un ruolo importante (50-85%) nella patogenesi della perdita ossea. Tra i geni che influenzano il rimodellamento osseo c’è quello per il recettore della vitamina D (VDR). VDR media l’azione della forma biologicamente attiva della vitamina D. Le mutazioni nel gene VDR comportano un malassorbimento intestinale di calcio e fosfato con conseguente diminuzione della densità minerale ossea (Raje M, et al., Int J Mol Epidemiol Genet. 2013).
Oltre VDR, numerosi altri studi hanno identificato polimorfismi in diversi geni poi associati con la massa ossea o frattura osteoporotica, tra cui il recettore per gli estrogeni (ESR1), il collagene di tipo I (COL1A1) e il recettore della calcitonina (CTR)  (Masi L, et al., Biochem Biophys Res Commun. 1998; You L, et al., Front Biosci (Landmark Ed). 2013).
Per il gene ESR1, la maggior parte degli studi indica che gli alleli di x e di p sembrano conferire rischio per cancro al seno ed osteoporosi, riducendo il rischio per l’endometriosi.
Specialmente a livello femorale e nel tratto lombare della colonna vertebrale, la variante “ss” del gene dell collagene determina nell’osso una densità minerale più bassa confrontata con la variante protettiva “SS” (Li WF, et al., Hum Genet. 2010).
L’assunzione di calcio e vitamina D riducono i rischi di malattia, attivando diversi meccanismi molecolari e cellulari (Yeap SS, et al., Int J Rheum Dis. 2013).